Che ruolo avranno i metalli nella transizione energetica?

5 Maggio 2021 | Efficienza Energetica

La transizione energetica sarà determinante per vincere la lotta al cambiamento climatico, ma che conseguenze avrà l’aumento di utilizzo dei metalli preziosi come rame, zinco, alluminio, impiegati nelle rinnovabili e nella mobilità verde?

Un po’ in ritardo, ma i politici e gli investitori di tutto il mondo si sono resi conto che occorre intervenire subito per contrastare il cambiamento climatico.

A causa di quest’ultimo, intere aree del mondo stanno già subendo gravissimi danni ambientali, umani ed economici, soprattutto nei centri urbani dove vive la maggior parte della popolazione.

La stessa consapevolezza sta andando rafforzandosi sul ruolo che la transizione energetica potrà avere per vincere la lotta al cambiamento climatico, in particolare nel nostro Paese.

Ma quanto ne sappiamo sulla transizione energetica? Siamo coscienti delle effetti che ci saranno sulla produzione dei metalli preziosi?

Infatti, il rame, lo zinco e l’alluminio saranno determinati per lo sviluppo delle rinnovabili e della mobilità green, ma anche altre componenti come il litio, il cobalto e il nichel saranno altrettanto importanti nello stoccaggio dell’energia.

Queste materie prime verranno estratte ad un’intensità mai vista, con quali conseguenze?

Continua la lettura di questo articolo per saperne di più!

Cambiamento climatico, la situazione attuale

Come si apprende da portale del consiglio europeo, negli ultimi due decenni abbiamo vissuto 18 degli anni più caldi mai registrati e assistito a eventi meteorologici estremi: inondazioni, incendi boschivi e temperature altissime.

Ricondurre questi eventi a meri episodi di maltempo è impensabile anche perché questi eventi si fanno sempre più frequenti sia in Europa che nel mondo.

Gli scienziati avvertono che il riscaldamento globale rischia di superare di oltre 2°C i livelli preindustriali entro il 2060 e potrebbe persino spingersi fino a 5°C entro la fine del secolo.

L’aumento delle temperature globali avrà, chiaramente, un impatto devastante sulla natura con forti conseguenze sulla biodiversità e sull’ecosistema, che a sua volta contribuirà all’insorgere di nuove patologie per l’essere umano.

A pagarne le spese sarà anche la popolazione, in particolare le fasce più deboli.

A tal proposito, i leader europei hanno approvato l’obiettivo di realizzare un’Europa a impatto climatico zero entro il 2050, abbattendo drasticamente le emissioni di gas a effetto serra.

Questo ambizioso obiettivo dovrebbe garantire immensi vantaggi per l’ambiente ma anche in termini di sviluppo tecnologico, crescita economica, quindi, aumento dei posti di lavori.

Per riuscire nell’intento gli stessi leader hanno individuato i settori strategici nei quali intervenire e i relativi investimenti necessari, stilando un bilancio a lungo termine.

Transizione energetica, come inciderà?

Nella lotta al cambiamento climatico la transizione energetica gioca un ruolo chiave: rappresenta il concreto passaggio all’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e all‘adozione di soluzioni di risparmio energetico e di sviluppo sostenibile.

La finalità è quella di eliminare la dipendenza dai combustibili fossili e migliorare l’efficienza energetica della produzione di energia e del consumo degli utenti, nonché nella sua distribuzione e conservazione.

Certo, rappresenta un cambio di paradigma profondo, per questo richiede un lungo processo di assimilazione.

Per confrontare i progressi compiuti da 115 Paesi e la relativa prontezza al cambiamento, il World Economic Forum (Forum economico mondiale, senza fini di lucro) ha stilato un indice utile ad evidenziare i progressi di ciascun paese dal 2015 ad oggi.

Ebbene, secondo il report 2020 si evidenziano, in generale, graduali progressi, nonostante la pandemia globale: l’80% dei Paesi ha aumentato il proprio punteggio, tra cui l’Italia, posizionatasi al 26° posto.

Il nostro Paese è riuscito a ridurre la necessità di energia del sistema economico, diminuendo l’utilizzo del carbone e aumentando la diversificazione dell’energia di importazione. Tuttavia, sempre secondo il World Economic Forum, è ancora è poco reattivo nei confronti della transizione energetica: pronta solo al 56%.

Per questo, e per onorare gli obiettivi dell’agenda 2013, Terna (gestore della rete elettrica italiana) ha annunciato l’integrazione degli impianti esistenti con un maggior numero di rinnovabili, così da generare con quest’ultime, fino il 90% del fabbisogno elettrico entro il 2050.

Per far ciò ha previsto un aumento degli investimenti del 22%, ovvero 8,9 miliardi di euro, rispetto al piano presentato a marzo 2020.

Secondo un recente studio (che puoi approfondire all’interno dell’articolo Transizione energetica, sogno o realtà?), le comunità energetiche potrebbero contribuire all’economia italiana con 13,4 miliardi di € di investimenti in nuova capacità rinnovabile, 2,2, miliardi di € di ricaduta economica positiva sulle imprese italiane attive lungo la filiera delle rinnovabili, 1,1 miliardi di € per le aziende attive nella costruzione e manutenzione di impianti e 19.000 addetti solo diretti su impianti fotovoltaici.

A questi incredibili numeri occorre affiancare quelli relativi alla riduzione della compravendita di energia estera, occorre tenere presente, infatti, che l’Italia oggi spende circa 50 miliardi di euro per approvvigionamento di energia dall’estero.

Il ruolo dei metalli nella transizione energetica

Veniamo dunque al ruolo dei metalli nella transizione energetica.

Molto spesso la transizione energetica viene banalmente associata alle rinnovabili e alla mobilità green, come abbiamo visto però, è molto di più: racchiude nuove visioni, energeticamente più efficienti in grado di traghettare la società verso un mondo a zero emissioni.

Per riuscire in tale intento le tecnologie applicate richiedono una notevole quantità di minerali, preziosi e minori.

Come si legge in un interessantissimo articolo di www.wallstreetitalia.com, forse pochi sanno che un parco eolico offshore richiede 17 volte più metallo di una centrale a gas della stessa capacità, mentre un parco fotovoltaico nove volte di più.

E ancora, se una centrale a gas naturale necessita di una tonnellata di rame per produrre un megawatt di elettricità, ne serve il doppio per produrre la stessa quantità di energia con l’eolica onshore e tre volte tanto per i pannelli fotovoltaici.

Consideriamo poi la quantità di materie prime necessarie per i componenti delle soluzioni di efficienza energetica.

Devi sapere che per costruire un pannello fotovoltaico occorrono 5 grammi di argento e che il settore traina il 12% della domanda globale. Inoltre viene impiegato nelle auto elettriche poiché si usa per collegare i pacchi batteria (a sua volta rappresenta il 5% della domanda globale).

Dunque, garantire l’approvvigionamento delle materie prime come argento, rame, zinco, platino e alluminio sarà fondamentale per soddisfare la domanda di pannelli fotovoltaici, turbine eoliche e veicoli elettrici.

Altrettanto importante sarà l’approvvigionamento dei metalli minori (litio e cobalto), utili per la produzione di batterie a litio e che vedranno, secondo una analisi condotta S&P Global Platts, entro il 2040 un aumento della domanda del 539%.

Conclusioni

Spesso, il settore dell‘industria mineraria, in particolare quello legato alle attività di estrazione o di trasporto, venie criticato duramente, talvolta screditato, dai sostenitori dello sviluppo sostenibile.

D’altronde sono innegabili gli effetti del settore sull’ambiente: la fusione dei metalli rilascia nell’atmosfera circa 19 milioni di tonnellate di anidride solforica (ben il 13% delle emissioni globali), responsabili delle famose piogge acide.

La stessa estrazione richiede il 7-10% della produzione globale di energia da fonti fossili, a cui bisogna aggiungere il dispendio energetico relativo al trasporto.

E poi c’è la questione dei rifiuti: ogni tonnellata di oro prodotta genera 300.000 tonnellate di rifiuti.

A tal proposito sempre più aziende del settore si stanno adoperando per impiegare soluzioni a basse emissioni di anidride carbonica, consapevoli di quanto il loro ruolo sia cruciale nella transizione energetica.

Nonostante questi sforzi, però, la loro attività lascerà sempre un forte impatto nell’ambiente, è inevitabile.

Dovremo dunque smettere di produrre e consumare per essere davvero responsabili nei confronti dell’ambiente? Assolutamente no.

La direzione nella quale ci stiamo muovendo è quella giusta ma dobbiamo essere cosci che se pur in forma minore rispetto alle fonti fossili, anche le soluzioni cosiddette “green” hanno un impatto.

Altrimenti presteremo il fianco a coloro che screditano la transizione energetica e ai loro slogan semplicisti all’insegna del “tutto può restare così com’è”.

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