Modelli organizzativi delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER)
26 Maggio 2025 | Efficienza Energetica
Come scegliere il modello organizzativo giusto per strutturare una CER efficace, sostenibile e adatta al tuo territorio.
Hai deciso di avviare una Comunità Energetica Rinnovabile o stai supportando un Comune, un gruppo di cittadini o un’azienda locale nella progettazione? Ottimo!
Che tipo di struttura organizzativa serve? E soprattutto, quale modello scegliere per far funzionare davvero la comunità?
Come saprai, le CER sono entità giuridiche complesse, con ruoli precisi, governance, flussi decisionali e responsabilità. Scegliere il modello sbagliato può rallentare tutto, compromettere la fiducia tra i membri o rendere ingestibile la gestione operativa.
In questo articolo ti guidiamo alla scoperta dei quattro principali modelli organizzativi delle CER: centralizzato, partecipativo, misto e multi-stakeholder. Per ciascuno analizziamo struttura, attori coinvolti, punti di forza e criticità.
L’obiettivo è aiutarti a capire quale assetto è più adatto al tuo contesto, alla scala del progetto, e al tipo di comunità che vuoi costruire.
Buona lettura!
Indice
La struttura organizzativa di una CER
Prima di entrare nel vivo della questione, andando ad analizzare i principali modelli di Comunità Energetica Rinnovabile, è importante sottolineare che ogni CER può strutturarsi in modo diverso, a seconda delle dimensioni, degli obiettivi e delle caratteristiche dei partecipanti.
Tuttavia, ci sono alcuni elementi univoci per tutti i modelli organizzativi.
Innanzitutto, la CER deve sempre avere una forma giuridica riconosciuta. Che può essere:
- Associazione, (non riconosciuta o riconosciuta) modello flessibile e partecipativo, molto usato per CER tra cittadini;
- Cooperativa, adatta quando si vogliono coinvolgere numerosi produttori e consumatori con una struttura più formalizzata;
- Impresa sociale o ente del terzo settore, utile quando si vogliono integrare obiettivi sociali con la produzione energetica;
- Società consortile o s.r.l. semplificata, scelta in progetti più complessi, con soggetti imprenditoriali e pubblici.
Chiaramente, ogni forma giuridica comporta diverse implicazioni in termini di responsabilità, fiscalità e governance.
All’interno della Comunità Energetica Rinnovabile devono essere definiti i ruoli:
- Produttori, installano e gestiscono impianti rinnovabili;
- Consumatori, utilizzano l’energia condivisa;
- Prosumer, soggetti che producono e consumano energia (spesso piccoli impianti domestici).
- Gestore/amministratore, figura (o soggetto terzo) che coordina l’operatività della CER, la ripartizione dei benefici e i rapporti con il Gestore dei Servizi Energetici-GSE SpA;
- Facilitatore/aggregatore, può essere un ente pubblico o privato che aiuta nella costituzione e nella gestione tecnica, legale e finanziaria della CER.
In tutte le Comunità Energetiche Rinnovabili, infine, è indispensabile la presenza di un sistema di governance trasparente, con uno statuto o regolamento che disciplini la partecipazione, i criteri di condivisione dell’energia, la ripartizione dei benefici economici, i meccanismi di voto e le modalità di adesione o uscita dalla comunità.
Questi elementi costituiscono la base comune su cui si innestano i diversi modelli organizzativi, che possono variare per origine, struttura decisionale, rapporto tra i membri e livello di coinvolgimento degli attori locali.
Modello centralizzato (top-down)
Il modello centralizzato si fonda sull’iniziativa di un promotore unico – spesso un ente pubblico, una utility, un operatore del settore energetico o una Energy Service Company, ESCo – che progetta, finanzia e implementa la Comunità Energetica Rinnovabile.
Tale soggetto si assume la leadership nella progettazione tecnica degli impianti, nella definizione del business plan e nella predisposizione della governance statutaria. I membri aderenti, tipicamente cittadini o piccole utenze, assumono un ruolo prevalentemente passivo, come consumatori o prosumer, e beneficiano dell’energia condivisa secondo criteri definiti ex ante.
Dal punto di vista organizzativo, questa tipologia consente una forte efficienza operativa grazie alla centralizzazione delle competenze tecniche, gestionali e burocratiche. La fase autorizzativa e l’accesso agli incentivi sono curati dal promotore, che spesso si occupa anche della manutenzione degli impianti e del monitoraggio.
Come è facile intuire, la natura verticale del modello può ridurre la partecipazione attiva dei membri e generare un’asimmetria decisionale, con limitata trasparenza e coinvolgimento.
Dunque, il rischio principale è quello di una governance dominata dal promotore, che potrebbe compromettere i principi cooperativi e di mutualità alla base della filosofia CER. Per ovviare a ciò, si raccomanda l’adozione di strumenti di comunicazione trasparente, reportistica periodica e assemblee consultive.
Modello partecipativo (bottom-up)
Nelle Comunità Energetiche Rinnovabili basate sul modello partecipativo, invece, l’iniziativa nasce “dal basso” grazie all’interesse e all’impegno diretto di cittadini, famiglie, condomìni, cooperative o enti locali che decidono di organizzarsi per avviare una CER in maniera collettiva.
Il processo costitutivo si basa su un’elevata co-progettazione tra i membri, che partecipano attivamente a tutte le fasi: dalla definizione dello statuto alla pianificazione degli investimenti, dalla scelta dei siti per gli impianti alla selezione dei partner tecnologici.
La struttura giuridica più utilizzata in questo caso è quella dell’associazione non riconosciuta, della cooperativa di comunità o della società semplice. L’approccio bottom-up favorisce un forte senso di appartenenza, co-responsabilità e trasparenza. Le decisioni vengono prese in assemblea, con meccanismi democratici (es. un voto per ogni membro), e le funzioni gestionali possono essere distribuite tra più soggetti o affidate a un coordinatore eletto.
Questo modello richiede tuttavia un investimento iniziale in termini di tempo e competenze: è spesso necessario il supporto di facilitatori esterni, come enti del terzo settore, tecnici indipendenti, agenzie per l’energia o sportelli pubblici per l’energia rinnovabile. Le principali criticità risiedono nella frammentazione decisionale, nella difficoltà di raccolta dei capitali e nella gestione delle attività.
Modello misto (ibrido)
Il modello misto rappresenta una sintesi tra i precedenti, combinando l’efficienza e le risorse del modello top-down con la partecipazione e la governance condivisa del bottom-up. In questo assetto, la Comunità Energetica Rinnovabile viene generalmente promossa da un soggetto forte – come un’amministrazione comunale, una multiutility o un soggetto industriale – ma fin dalle prime fasi coinvolge i cittadini e gli stakeholder locali nella progettazione e nella gestione.
Dal punto di vista organizzativo, la forma giuridica può essere una cooperativa multistakeholder, una società consortile o un’associazione riconosciuta con un consiglio direttivo composto da rappresentanti delle varie categorie di membri (es. produttori, consumatori, enti pubblici). La definizione delle quote, dei diritti di voto e dei criteri di distribuzione dei benefici è bilanciata per assicurare equità e rappresentanza, spesso mediante meccanismi statutari avanzati come quorum qualificati, deleghe funzionali e comitati tecnici.
Il modello ibrido è particolarmente adatto per progetti CER di media scala, che coinvolgono diversi soggetti con ruoli differenti e dove è importante garantire al tempo stesso un governo efficiente e una forte legittimazione sociale. Inoltre, consente una migliore accessibilità a fondi pubblici (es. bandi PNRR o regionali), grazie alla presenza di soggetti istituzionali o privati con capacità progettuale e di co-finanziamento. La sfida principale risiede nel mantenere un equilibrio tra efficienza operativa e inclusione democratica: in assenza di una governance strutturata e trasparente, il modello rischia di evolvere verso una centralizzazione non dichiarata.
Modello multi-stakeholder
Infine, troviamo il modello multi-stakeholder, il più complesso e strutturato tra quelli finora analizzati.
In questa configurazione, la Comunità Energetica Rinnovabile nasce e si sviluppa come piattaforma cooperativa territoriale che coinvolge una pluralità di attori con interessi e ruoli eterogenei: cittadini, PMI, enti pubblici, cooperative sociali, organizzazioni del terzo settore, enti religiosi, istituti scolastici, ecc. Il principio guida è la cooperazione intersettoriale per massimizzare l’impatto ambientale, sociale ed economico su scala locale.
In pratica, si potrebbe trattare di una CER che include il Comune, una scuola, un condominio, una cooperativa agricola e un’azienda locale.
A livello giuridico, il modello richiede forme evolute di governance, spesso ispirate al diritto societario cooperativo o consortile, in grado di rappresentare e tutelare categorie diverse di soci. Le quote di partecipazione possono essere differenziate in funzione del ruolo (es. produttori vs. consumatori vs. facilitatori), ma con meccanismi di compensazione per evitare diseguaglianze. È frequente l’adozione di sistemi di “governance a più livelli”, con organi decisionali distinti (assemblea plenaria, comitato esecutivo, comitati tematici) e processi di deliberazione partecipata, anche tramite piattaforme digitali.
Questo modello è adatto per CER con obiettivi ambiziosi, come la lotta alla povertà energetica, la rigenerazione urbana, l’inclusione di soggetti fragili o la valorizzazione di risorse pubbliche sottoutilizzate. Permette di integrare diversi strumenti di finanziamento (fondi pubblici, capitali privati, contributi filantropici) e di aggregare competenze complementari. Tuttavia, richiede un elevato livello di coordinamento, capacità di mediazione e regole statutarie solide per evitare conflitti e inefficienze.
Conclusioni
Dunque, a seconda del grado di centralizzazione, della natura dei partecipanti e delle modalità di gestione, abbiamo potuto esplorare i quattro modelli organizzativi principali di una Comunità Energetica Rinnovabile.
Tuttavia, i modelli organizzativi delle CER sono in continua evoluzione e devono rispondere alla sfida di conciliare partecipazione, sostenibilità ed efficienza operativa.
Quel che è certo è che con una governance chiara, strumenti adeguati e una visione condivisa, le Comunità Energetiche Rinnovabili possono diventare veri e propri laboratori di democrazia energetica e contribuire in modo decisivo alla transizione ecologica.
Se vuoi approfondire come creare una CER o partecipare a una già esistente, continua a seguirci: nei prossimi articoli analizzeremo i passi pratici, i vantaggi fiscali e i casi di successo più virtuosi.
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